Letture suggerite

Antonio Pascale
Scienza e Sentimento
Einaudi (Vele 42)
151 pp.
9 €

Sarà poi vero che i pomodori e il latte non sono più quelli di una volta? Ed è poi davvero tanto male? Sembrano domande retoriche o, forse, troppo semplicistiche, ma sono, in realtà domande fondamentali alle quali tra ironia e dati reali Antonio Pascale, agronomoscrittore, tenta di dare una risposta.  Discutere delle regioni della scienza e delle riflessioni, spesso apodittiche, dell’umanesimo, o del sentimento, è compito arduo, ma necessario, che l’Autore affronta con rigore, senza voler difendere nessun’altra risposta se non quella, che è propria della sua formazione accademica e di agricoltore, della necessità di coniugare l’analisi dei dati con lo svilupparsi delle tesi e dei costumi. E’ così che l’Autore affronta temi spinosi come quello degli organismi geneticamente modificati o dell’uso, troppo spesso improprio, del concetto di “naturale” applicato all’agricoltura. Non è uno scientista e tanto meno un riduzionista, è, semplicemente, un agronomo, che è, o fa, anche lo scrittore per il cinema, per il teatro oltre che di romanzi. Così Pascale scrive, sommessamente ma con sicura e documentata chiarezza, un saggio, senza volere essere un saggista, parlando da ricercatore ma non da cattedratico, parlando un linguaggio semplice ma convincente, perché affezionato al rigore del metodo sperimentale che non può e non deve sfuggire all’analisi storica dei dati e alla loro evidenza. Così, il testo si conclude con l’elogio di Paracelso, osannato dagli studenti del suo tempo e detestato dai professori, ma precursore del metodo, semplice ma efficace, dell’osservazione empirica, unico e solo tabù che il ricercatore come il commentatore o il politico deve possedere per rispondere, con saggezza alle ragioni del sentimento come a quelle della scienza. Scienza e sentimento, appunto, non scienza o sentimento.

 

Edwars O. Wilson
La Creazione – Un appello per salvare la vita sulla terra
Adelphi (La collana dei casi 78)
198 pp.
19 €

Una lettura banale e approssimativa potrebbe far ascrivere questo libro alla lista, certamente troppo lunga, dei saggi catastrofici, per i quali è imminente la fine del pianeta ad opera della scelleratezza dell’azione umana. Ma qui siamo di fronte ad uno dei massimi studiosi di biodiversità viventi e il suo è nello stesso tempo un appello e un’analisi di quanto sta avvenendo. Non propone soluzioni se non lo studio, lo studio e ancora lo studio e la comprensione del sistema vivente che ci circonda. Il nocciolo della questione per Wilson è l’immensità del mondo ancora da conoscere su questo pianeta, ben più importante, per lui, dello studio di nuove ipotesi di vita al di là del nostro pianeta. E’ un atto d’amore assoluto per il sistema vivente, per ogni, anche il più minuto, essere vivente e per lo studio, la ricerca della biodiversità,fonte inesauribile di conoscenza e risorse. Non è un libro pieno di paura, non snocciola dati su dati sulla fine necessaria e prossima, ma si preoccupa dell’estinzione progressiva di ogni forma vivente, che può davvero portarci verso l’epoca eremozoica, l’era della solitudine, anticamera della fine. L’Autore sa troppo bene che complessità, equilibrio e sostenibilità sono sinonimi in termini ecologici e il suo essere docente, ad Harvard, è ben chiaro nel suo cercare di dare punti di riferimento semplici ed essenziali a chi vuole essere, per scienza o per diletto (scientifico) un naturalista, un “cittadino scienziato”. Wilson non cerca una mediazione, ma un punto di incontro, un sentiero comune che consenta a quelli che lui, sa essere i punti di riferimento di ogni società umana, la scienza e la religione, di lavorare per l’obiettivo comune della salute del pianeta. “Innalzarci verso la natura e non allontanarsi da essa” per questo Wilson propone il suo “diamoci una mano”. Per questo non si può , al di là della fede o della propria laicità, che ascoltare, leggere, il suo appello.